No alla regionalizzazione dei Vigili del Fuoco!
Per la FP CGIL è inaccettabile l’idea lanciata dal Veneto di appropriarsi della “competenza sul reclutamento e coordinamento dei Vigili del Fuoco”.
Da alcuni anni combattiamo contro l’idea, rappresentata da una minoranza governativa, di regionalizzare il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Sì, avete letto bene, c’è chi vorrebbe disgregare il Corpo che risulta essere il più amato dagli Italiani e che riesce a rispondere ad ogni esigenza proprio perché strutturato su scala nazionale.
Ora, dopo alcune inaccettabili dichiarazioni su modelli irrealizzabili rilasciate da un assessore veneto, siamo costretti a prendere tristemente atto, attraverso gli organi di stampa, che nell’avvio di discussione sulla controversa riforma denominata “Autonomia differenziata”, nella prima riunione fra il Ministro competente e quattro Regioni del nord, il Presidente della Regione Veneto ha chiesto, parlando di protezione civile, “competenza sul reclutamento e coordinamento dei Vigili del Fuoco”.
Ricordiamo al Presidente della Regione Veneto che, proprio perché struttura nazionale specializzata nella prevenzione e nel soccorso tecnico urgente, il Corpo dei Vigili del Fuoco è denominato, come recita il Codice della Protezione Civile, “componente fondamentale del sistema di protezione civile”, spina dorsale unica e nazionale rispetto ad un sistema, quello di protezione civile, già facente parte delle materie concorrenti. Spiace inoltre prendere atto, dopo anni di battaglie per assicurare gli standard minimi di soccorso su tutto il territorio nazionale, che tutta la discussione separatista è stata confinata come materia non rientrante nei LEP (Livelli Essenziali di Prestazioni).
Coloro i quali vogliono parcellizzare e dividere il Corpo Nazionale, con obiettivi puramente politico elettorali, sappiano che oltre a trovare l’opposizione forte del personale dei Vigili del Fuoco la troveranno anche da parte della cittadinanza che voterà SI al referendum contro questa riforma secessionista.
Garantire al Paese il fondamentale servizio sociale erogato con professionalità dai Vigili del Fuoco, su tutto il territorio nazionale, sarà la nostra più forte rivendicazione.
A che punto è la trattativa per il rinnovo contrattuale del comparto sicurezza e difesa 2022/2024
A due mesi dall’incontro del 24 luglio, si è svolta ieri, lunedì 30 settembre, una nuova convocazione della trattativa con il Dipartimento della Funzione Pubblica per il rinnovo contrattuale 2022/2024 per il comparto sicurezza e difesa. Purtroppo, non ci sono novità significative da parte della controparte pubblica.
La novità principale rispetto a luglio è stata la richiesta di numerose organizzazioni sindacali di accelerare la chiusura delle trattative e distribuire le risorse messe a disposizione dal governo. Tuttavia, SILP CGIL e Funzione Pubblica CGIL si sono opposte fermamente a questa proposta.
Le ragioni del No di SILP CGIL e Funzione Pubblica CGIL
Abbiamo detto No perché riteniamo che il contratto proposto non sia il miglior accordo possibile per le forze di polizia, come invece viene fatto credere. Si parla di un aumento di circa 100 euro netti per gli agenti (la qualifica più bassa), ma non si menziona che, durante il triennio 2022/2024, l’inflazione è aumentata del 16,5%, causando una perdita di potere d’acquisto significativa. In termini concreti, uno stipendio mensile lordo di 1.700 euro si è ridotto di circa 290 euro lordi (circa 230 euro netti). I fondi stanziati per il nuovo contratto, nonostante le promesse governative, non superano un incremento del 5,78%.
Nel contratto precedente (2019/2021), con un costo della vita cresciuto del 2%, l’incremento delle retribuzioni fu del 3,78%. Una disparità evidente rispetto alla situazione attuale.
Le richieste di luglio e la mancanza di risposte
Durante l’incontro di luglio, SILP CGIL e Funzione Pubblica CGIL avevano avanzato una serie di richieste chiave:
- Rivalutare le Indennità.
- Modificare il sistema di pagamento degli straordinari per renderli più equi, come promesso dal governo. Attualmente, un’ora di straordinario è pagata meno del lavoro ordinario.
- Definire una previdenza dedicata per il personale prossimo alla pensione e una previdenza complementare per i nuovi assunti.
Nonostante l’impegno della parte pubblica a rispondere con delle proposte, al momento queste non sono arrivate.
La prossima fase: legge di bilancio e prospettive future
Il governo dovrà preparare la legge di bilancio entro dicembre, una fase cruciale per definire le risorse disponibili per il rinnovo contrattuale. Mentre alcuni sindacati sono pronti a dichiarare la sconfitta, SILP CGIL e Funzione Pubblica CGIL continuano a lottare per ottenere un contratto che tuteli veramente i diritti delle donne e degli uomini in divisa.
Il 31 luglio siamo scesi in piazza a Montecitorio, rivendicando maggiori risorse per i contratti del comparto sicurezza. Ora, mentre i ministri richiedono ulteriori fondi per sanità e scuola, le forze di polizia rischiano di ricevere meno degli altri lavoratori pubblici, nonostante le promesse della premier Meloni. Nel recente decreto sicurezza, inoltre, alcune categorie come il personale penitenziario hanno visto riconosciute indennità aggiuntive, mentre per la polizia nulla è stato fatto.
SILP CGIL e Funzione Pubblica CGIL non si arrenderanno e attendono il prossimo incontro, fiduciosi che la parte pubblica possa finalmente presentare nuove proposte concrete.
A proposito di educatori che mancano: capiamo il perché per cambiare le cose
Una riflessione (amara) di Ruggero Maria Manzotti, segretario generale FP CGIL Parma
Ha ragione l’assessora Bonetti (al comune di Parma NDR). Mancano gli educatori. E ne mancheranno sempre di più.
E sarebbe anche ora di cominciare a chiedersi le vere motivazioni che stanno alla base di questa grave situazione, che nel tempo, nel breve tempo, metterà in seria crisi tutti quei fondamentali servizi alla persona, come i servizi per adolescenti, per disabili, per minori, e tutti gli altri servizi destinati alle più differenti fragilità, che oggi, solo grazie a questi lavoratori e lavoratrici, reggono un sistema sempre più impoverito e sempre più precario.
In parole povere: gli educatori servono solo quando mancano.
Questa è la considerazione generale che esce in questa situazione. Diverso è invece per le famiglie, quelle famiglie che senza queste professionalità avrebbero una vita ben peggiore e ben più dura di quella che hanno già. Per loro, per queste famiglie, le educatrici e gli educatori sono fondamentali.
Questo fenomeno ha tante possibili spiegazioni ma vi sono alcuni elementi di base che inevitabilmente portano questi professionisti a fare diverse scelte nel corso della loro vita lavorativa.
La figura educativa non è ancora nè culturalmente nè istituzionalmente riconosciuta, raramente le viene riconosciuto il ruolo che effettivamente ha nel contesto delle politiche sociali delle nostre società. Non viene ancora riconosciuta come professionalità che porta la sua competenza e i suoi studi oltre alla sua infinita passione.
I salari sono tendenzialmente bassi e poveri, anche tenendo conto che la privatizzazione dei sistemi sociali ha creato differenze significative di applicazioni contrattuali, e quindi un dumping contrattuale legalizzato e sotto gli occhi di tutti. E se nella gestione pubblica diretta (in calo un po’ ovunque) si può avere almeno una omogeneità contrattuale, il sistema della gestione in appalto è una vera e propria giungla di contratti diversi, di trattamenti orari differenti, di periodi di non lavoro, e in generale di situazioni lavorative che diventano precariato strutturato.
La situazione negli appalti
Terzo aspetto: il sistema degli appalti e la gestione da parte del terzo settore di questi servizi è sì fondamentale nel nostro sistema integrato regionale, che vede la componente pubblica e quella privata lavorare insieme per assicurare un alto standard di qualità dei servizi, ma questo sistema nel tempo è stato drogato, portando a situazioni tutt’altro che positive sia per i tanti lavoratori che vi lavorano sia per i servizi stessi. In questo il mondo cooperativo ha le sue responsabilità. Parliamo di un mondo che oggi si chiede dove siano gli educatori ma che fa ancora poco per fidelizzare, strutturare, programmare miglioramenti contrattuali e salariali e soprattutto organizzativi per queste tipologie di lavoratori.
E considerato che le condizioni lavorative, contrattuali e organizzative sono definite dentro gli appalti scritti dagli enti pubblici, sarebbe interessante e importante che l’ente pubblico in primis si chieda cosa fare per migliorare tale situazione partendo appunto da appalti che siano consoni e che delimitino e definiscano subito il perimetro di azione e di organizzazione degli enti gestori, questo per rendere più omogenee e stabili le condizioni di lavoro di queste persone.
Tutte queste motivazioni hanno portato e stanno portando ad una vera e proprio fuga da questi servizi, perché gli educatori non sono esseri metafisici che scendono dal cielo ma sono lavoratrici e lavoratori, con le loro famiglie con le loro difficoltà e con i loro problemi, che hanno necessità come ognuno di noi di vivere una vita degna e di avere un lavoro riconosciuto e pagato.
Serve una discussione seria
Crediamo sia giunto il momento di iniziare una discussione e un confronto su queste problematiche che interessi la politica, le istituzioni, gli enti gestori, il mondo cooperativo, perché non c’è tempo da perdere: presto potremmo dover constatare il crollo di alcuni servizi per questa mancanza di personale che sta diventando prolungata e cronica.
Manifestazione Nazionale del 19 Ottobre a Roma: Salario, Salute, Diritti e Occupazione
Il 19 ottobre 2024, a Roma in Piazza del Popolo, alle ore 10:00, organizzeremo una grande manifestazione nazionale intitolata “Salario, salute, diritti, occupazione”. Chiediamo il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro nel settore dei servizi pubblici, con un focus specifico sull’aumento delle risorse destinate ai contratti nazionali.
Abbiamo sottolineato l’importanza di maggiori fondi per la sanità pubblica, con l’obiettivo di garantire cure universali e gratuite. Gli attuali aumenti salariali, proposti intorno al 5%, sono insufficienti a fronte di un’inflazione del 17%. Per questo, i sindacati ritengono indispensabile l’intervento del governo.
Inoltre, vogliamo denunciare l’impatto negativo dell’autonomia differenziata, che rischia di aumentare le disuguaglianze tra i cittadini. I sindacati rilanciano anche la proposta di un grande Piano straordinario per l’occupazione, mirato a colmare la cronica carenza di personale che affligge il settore pubblico.
Il governo deve dare risposte concrete ai lavoratori delle funzioni centrali, locali e della sanità.
La crisi economica e l’assenza di soluzioni nelle trattative con il governo stanno mettendo a rischio i diritti costituzionali delle cittadine e dei cittadini, nonché la dignità di lavoratrici e lavoratori.
Grande partecipazione alla manifestazione contro le minacce ai dipendenti comunali di Alfonsine
Martedì 1 ottobre, la piazza Gramsci di Alfonsine ha visto una grande partecipazione di cittadini, sindacati e rappresentanti delle istituzioni in risposta alle minacce e intimidazioni subite dai dipendenti dell’ufficio tecnico comunale. L’iniziativa, promossa dall’amministrazione comunale e supportata da CGIL, CISL e UIL, ha raccolto un forte sostegno, con centinaia di persone presenti per esprimere solidarietà ai lavoratori vittime di gravi episodi minatori.
Le intimidazioni, avvenute tra il 26 e il 27 settembre, hanno incluso telefonate anonime e lettere minatorie rivolte sia agli impiegati che alle loro famiglie. La vicenda sembra essere collegata alla gestione di un appalto, ma non ha nulla a che vedere con le recenti alluvioni che hanno colpito il territorio, come ha chiarito il sindaco Riccardo Graziani.
Solidarietà unanime da sindacati e istituzioni
Alla manifestazione, CGIL, CISL e UIL hanno preso una posizione forte e decisa contro ogni forma di intimidazione. In una nota congiunta, i sindacati hanno definito queste minacce «gravissime e inaccettabili, lontane dai valori del nostro territorio». La partecipazione massiccia ha dimostrato quanto la comunità locale sia unita nel condannare questi atti e nel chiedere giustizia per i lavoratori colpiti.
Anche le istituzioni hanno espresso il loro sostegno ai dipendenti comunali. Il sindaco Graziani ha ribadito che le autorità stanno lavorando per identificare i responsabili e ha chiesto ai cittadini di continuare a collaborare. La grande affluenza alla manifestazione è stata una risposta chiara: Alfonsine non tollererà l’illegalità e farà fronte comune per difendere i diritti dei suoi lavoratori.
Un messaggio chiaro: illegalità e intimidazione non trovano spazio
La manifestazione del 1 ottobre ha rappresentato un momento cruciale per riaffermare l’importanza della legalità e del rispetto dei lavoratori. Il messaggio lanciato da CGIL, CISL e UIL è stato netto: atti intimidatori come quelli avvenuti ad Alfonsine non troveranno mai spazio in una comunità che valorizza il lavoro e i diritti.
Sciopero della sanità privata: presidio a Bologna davanti a Confindustria
La mattina del 23 settembre, circa 400 persone si sono radunate in via San Domenico a Bologna, di fronte alla sede di Confindustria, per partecipare al presidio organizzato in occasione della giornata di sciopero indetta da Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl. Lo sciopero ha coinvolto numerose aziende sanitarie della regione, registrando un’elevata partecipazione, con tassi di adesione fino al 95% in alcune strutture, come Villa Bellombra, che ha dovuto chiudere i servizi di fisioterapia.
Alta adesione in tutta la regione
In diverse strutture sanitarie, le adesioni allo sciopero sono state particolarmente significative. Villa Erbosa e il Toniolo hanno registrato un’adesione complessiva dell’80%, con la chiusura degli ambulatori. Anche il Poliambulatorio Hesperia di Carpi è rimasto chiuso, mentre nella sede di Modena quattro sale operatorie su sei sono state inattive, e il reparto di radiologia ha interrotto le attività. I servizi essenziali sono stati comunque garantiti nei reparti residenziali, come alla Lega Filo d’Oro e nelle case di cura Fogliani e Villa Rosa.
Rabbia per il mancato incontro
Al presidio, i lavoratori hanno manifestato con determinazione contro il rifiuto, da parte dei rappresentanti delle associazioni datoriali, di incontrare una delegazione di lavoratori e sindacati. Marco Bonaccini, Sonia Uccellatori e Paolo Palmarini, segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, hanno dichiarato: “Non solo Aiop e Aris non intendono rinnovare il CCNL, ma ora rifuggono anche il confronto. Queste aziende operano per conto della pubblica amministrazione e ricevono ingenti risorse pubbliche, ma non riconoscono il giusto compenso ai lavoratori, nemmeno di fronte all’inflazione. È una vergogna!”
Sciopero e protesta continueranno
Il presidio si è concluso con il grido “Vergogna”, ma i sindacati hanno promesso di non fermarsi qui. “Faremo tutto il necessario per garantire a tutte e a tutti il rinnovo contrattuale che meritano”, hanno assicurato i tre sindacalisti.
L’incontro a margine del presidio
A margine del presidio di Roma, una delegazione sindacale è stata ricevuta dal Capo Segreteria del Ministro della Salute: “Abbiamo ricevuto rassicurazioni sul fatto che a breve verranno convocate tutte le parti per un tavolo tecnico di confronto tra Sindacati, Conferenza delle Regioni, le parti datoriali e il Ministero della Salute. Questo è un primo segnale di apertura, ma non basta”, sottolineano.
La mobilitazione, infatti, non si ferma: “Continueremo a lottare fino a quando non sarà riconosciuto il giusto trattamento contrattuale e salariale a tutti i professionisti che, come quelli del pubblico, garantiscono quotidianamente il diritto costituzionale alla salute. Il valore del lavoro deve tornare al centro della discussione. Non ci fermeremo fino a quando non vedremo riconosciuta la professionalità di chi lavora nelle strutture accreditate e convenzionate, garantendo pari diritti e retribuzioni”
Sciopero sanità privata del 23 settembre: “Serve rispetto per lavoratrici e lavoratori di un comparto strategico per il Paese”
“Gli impegni non sono stati mantenuti, infermieri, oss, tecnici sanitari e tutto il personale della sanità privata è stanco di aspettare. Sono oltre 200.000 le lavoratrici e i lavoratori che operano nelle strutture in cui si applicano i contratti Aiop e Aris sanità privata e Aiop e Aris rsa: lavoratori che svolgono un servizio pubblico garantendo quindi un diritto costituzionale, quello alla Salute. I professionisti e gli operatori che lavorano presso le strutture private, nella quasi totalità accreditate con il Servizio Sanitario Nazionale e quindi beneficiarie di cospicue risorse pubbliche, chiedono il rispetto della dignità e dei diritti: per questo motivo il 23 settembre FP CGIL, CISL FP e UIL FPL hanno proclamato uno sciopero nazionale con l’astensione dal lavoro prevista per l’intera giornata e per ogni turno di lavoro”.
“In quest’ambito – osservano i sindacati – sono stati stipulati due accordi ponte (Aris rsa, Aiop rsa) necessari per unificare i tabellari e andare alla stipula di un nuovo contratto unico di settore per le rsa, dove le lavoratrici, i lavoratori e i professionisti hanno il contratto bloccato da oltre 12 anni.
Quanto al contratto Sanità privata Aris Aiop, è stato rinnovato nel 2020 dopo 14 anni di blocco della contrattazione, un rinnovo che però ha riguardato il triennio 2016-2018. Rispetto alla legittima aspettativa delle lavoratrici e dei lavoratori, FP CGIL, CISL FP e UIL FPL hanno chiesto l’apertura di due tavoli negoziali ma le associazioni datoriali – AIOP e ARIS – pretendono di subordinare le trattative per il rinnovo contrattuale a maggiori risorse economiche pubbliche da parte dello Stato e delle Regioni.
Una posizione, quella di AIOP e ARIS, che denota una indifferenza intollerabile ed inaccettabile nei confronti di professionisti ed operatori che contribuiscono a garantire bilanci positivi e dividendi che andrebbero in parte ridistribuiti a coloro che li hanno prodotti: infermieri, oss, tecnici sanitari, personale della riabilitazione e amministrativo attraverso un celere rinnovo del Contratto Nazionale.
In Emilia Romagna le lavoratrici e i lavoratori scenderanno in piazza a Bologna davanti alla sede di Confindustria, via S, Domenico LUNEDI’ 23 dalle ore 10 alle 12, per far sentire la loro voce, la voce di chi chiede il riconoscimento del proprio lavoro, della propria professionalità che esprime ogni giorno a favore dei cittadini, riconoscimento oggi negato da datori di lavoro che hanno, peraltro, un modestissimo rischio di impresa considerato che le prestazioni erogate vengono in larghissima parte finanziate dal sistema pubblico.
Sciopero nazionale della Sanità Privata il 23 settembre: oltre 200.000 lavoratori coinvolti
Il 23 settembre 2024 è stato indetto uno sciopero nazionale che coinvolge più di 200.000 lavoratori delle strutture sanitarie private e delle RSA, dove si applicano i contratti Aiop e Aris. Questi lavoratori svolgono un ruolo cruciale nel garantire un diritto costituzionale fondamentale: la salute. Tuttavia, come Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl denunciamo che gli impegni presi per la loro tutela non sono stati rispettati.
Le motivazioni dello sciopero
Nonostante siano stati firmati due accordi ponte per unificare i contratti nel settore RSA (Aiop e Aris), i professionisti del comparto non vedono un adeguato riconoscimento da oltre 12 anni. La situazione per i lavoratori della sanità privata è altrettanto complessa: dopo 14 anni di blocco, il contratto è stato rinnovato nel 2020, ma con un riferimento temporale fermo al triennio 2016-2018.
Come Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl abbiamo richiesto l’apertura di tavoli di trattativa per garantire nuove risorse e migliorare la condizione di questi lavoratori. Tuttavia, la risposta ricevuta è stata negativa, con l’imposizione di condizioni inaccettabili.
Un settore strategico per il Paese
Il comparto della sanità privata e delle RSA rappresenta un settore strategico per l’Italia, con lavoratori che garantiscono ogni giorno un servizio pubblico essenziale. Per questo motivo chiediamo rispetto e dignità per chi opera in queste strutture. Lo sciopero del 23 settembre è un segnale forte: difendere la professionalità e il futuro di questi lavoratori è fondamentale per il benessere del Paese.
CCNL del Pubblico Impiego: Mancano le risorse adeguate!
Sta accadendo una cosa “curiosa” negli ultimi giorni. Una parte della stampa nazionale – a cui in verità non è mai interessato granché dei dipendenti pubblici – ha pubblicato una serie di articoli tesi a sostenere la firma, a breve, dei vari contratti collettivi nazionali del pubblico impiego 2022/2024, lasciando intendere che l’aumento sarà attorno ai 150/160 €.
Ma le cose stanno veramente così?
La risposta, come si può immaginare, è negativa. Proviamo a capire perché.
Il Governo nella Legge di bilancio ha stanziato una cifra pari all’aumento del 5,78%.
Prima considerazione. Ovviamente si tratta di una media. Ci sono tanti contratti, tanti comparti e tante professionalità: dai magistrati agli infermieri, dalle educatrici agli impiegati, dai militari all’estero, ai medici, dai vigili del fuoco alla polizia penitenziaria…
Quindi i 150 € previsti sono la classica media del pollo.
Seconda considerazione. L’inflazione nel periodo considerato è stata molto più alta, ha viaggiato ben oltre le due cifre perciò, quel 5,78% non si avvicina nemmeno a coprire quanto perso, come potere d’acquisto, dalle retribuzioni.
Ma continuiamo con altre considerazioni.
In quella cifra sono comprese anche l’indennità di vacanza contrattuale (ivc, quella piccola cifra che troviamo in busta paga da aprile 2022), nonché l’anticipo contrattuale, deciso unilateralmente dal Governo, che qualche amministrazione ha erogato lo scorso dicembre (causando anche un danno dal punto di vista fiscale e contributivo) ed altre stanno invece erogando mese per mese nel 2024.
E’ quindi facile capire come le risorse a disposizione siano poche.
Con quel poco bisognerebbe almeno completare la riqualificazione del personale, avviata con gli ultimi CCNL, rafforzare il sistema delle indennità, valorizzare professioni e peculiarità lavorative.
Quanto è rimasto da erogare? Poco, forse nulla.
A questo punto diamo anche uno sguardo alla direttiva del Governo sui rinnovi contrattuali, il cosiddetto atto di indirizzo.
La volontà che emerge è quella di togliere materie dalla contrattazione e aumentare il peso della valutazione.
Perciò, maggiore discrezionalità, meno trasparenza, meno coinvolgimento di lavoratrici e lavoratori nelle scelte, forte perdita del potere di acquisto.
Inoltre, rimane il tetto al fondo del salario accessorio (cioè alla loro produttività) quindi, le amministrazioni che vorrebbero investire risorse sui propri dipendenti, sul proprio capitale umano, non potranno farlo.
Per non parlare dell’assoluta assenza di un piano straordinario di assunzioni di cui la pubblica amministrazione ha assolutamente bisogno.
In sintesi? Oltre ad un rispetto maggiore di chi ancora crede nella pubblica amministrazione e vi lavora, servono ulteriori risorse.
Non ci sono? Beh, per una tassazione iniqua che favorisce alcune categorie ci sono. Per i condoni ci sono. Per la “rottamazione” delle cartelle fiscali ci sono. Per regalare concessioni balneari ci sono…
Noi i contratti li vogliamo firmare, sia chiaro! Ma contratti equi, dignitosi.
Non un’elemosina, né un ricatto.
In divisa ma senza contratto, Polizia Penitenziaria in piazza
Novecentoquarantadue sono i giorni da quando il loro contratto è scaduto. Quanto basta per spingere polizia e forze armate a scendere in piazza il 31 luglio davanti Montecitorio insieme a Maurizio Landini anche con una delegazione dall’Emilia-Romagna.
Anche nella nostra Regione presidi a Ferrara, Bologna e Modena.
Stipendi e contratti al palo
“La promessa era che avrebbero dato più soldi rispetto agli altri lavoratori, la realtà, invece è il 5,78% di incremento medio certificato dalla Ragioneria Generale per tutti i dipendenti pubblici, anche per quelli delle forze di politica”, ha raccontato il segretario nazionale della Fp Cgil in un’intervista a Collettiva. Gli fa eco Pietro Colapietro, segretario generale del Silp, che sottolinea come lo stipendio medio di un poliziotto si aggira sui 1600 lordi al mese: “Dopo tre anni di inflazione cumulata al +17% l’aumento che il governo si appresta a riconoscere al comparto si limita al +5,7%”
Le richieste
Non chiedono la luna. Innanzitutto “garanzie di risorse economiche per un contratto dignitoso” che permetta il recupero del potere d’acquisto per le donne e gli uomini in divisa. Poi serve “un piano straordinario di assunzioni” per aumentare gli organici del personale operante nei molteplici servizi di sicurezza svolti dalle forze di polizia e militari. Tema non meno importante è quello delle condizioni di lavoro e di vita “per contrastare il preoccupante fenomeno dei suicidi tra i lavoratori”. Infine il nodo pensioni: con l’attivazione della previdenza complementare per garantire un futuro sicuro ai lavoratori.
Governo non pervenuto
“Il governo, pur vantandosi di essere vicino alle forze dell’ordine e alle forze armate – scrivono le sigle sindacali – dimostra di essere sordo alle legittime richieste avanzate dai lavoratori: salario equo, diritti tutelati, previdenza protetta, tutela della salute e della sicurezza sul lavoro per la dignità di ogni operatore”.