Rinnovo CCNL Funzioni Centrali: Smascheriamo le bugie!
La FP CGIL ha deciso di non partecipare alla firma della preintesa per il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) delle Funzioni Centrali per il periodo 2022-2024. La nostra scelta deriva da un’analisi approfondita che mette in luce diverse criticità, che, se ignorate, comporterebbero un peggioramento delle condizioni salariali e lavorative di migliaia di lavoratrici e lavoratori. Di seguito, spieghiamo le principali motivazioni che hanno guidato questa decisione.
1. Retribuzioni in calo rispetto all’inflazione
Per la prima volta nei rinnovi contrattuali, il valore reale delle retribuzioni sarà inferiore rispetto al contratto precedente, con un’inflazione che raggiunge il -10,72%. Il nuovo contratto propone un incremento del 5,78%, insufficiente rispetto all’aumento del 16,5% dell’inflazione nel triennio 2022-2024.
2. Incrementi salariali ridotti e promesse non mantenute
Gli aumenti previsti sono in buona parte già stati corrisposti come acconti e, dunque, il beneficio reale è dimezzato rispetto a quanto proclamato. Inoltre, l’ulteriore 0,22% promesso per i fondi salariali accessori non è garantito, e anche se acquisito, risulta irrisorio.
3. Indennità di vacanza contrattuale ridotte
Le indennità di vacanza contrattuale (IVC) sono calcolate solo sullo stipendio tabellare, escludendo i differenziali stipendiali. Questo rappresenta un taglio ulteriore ai guadagni delle lavoratrici e dei lavoratori.
4. Settimana lavorativa di 4 giorni senza garanzia di retribuzione invariata
Il contratto propone una settimana lavorativa ridotta a 4 giorni, ma senza riduzione dell’orario complessivo, rimettendo all’amministrazione la decisione di attivarla o meno.
5. Limitazione delle libertà sindacali
La preintesa limita la partecipazione sindacale, riducendo a 3 ore il tempo riconosciuto per il buono pasto, pur se l’intero monte ore delle assemblee sindacali è già incluso nei costi contrattuali.
6. Mancanza di riconoscimento di tutti i diritti retributivi durante le ferie
Non è previsto il riconoscimento, durante il periodo di ferie, dell’intera retribuzione, inclusi buoni pasto e indennità, nonostante le sentenze della Corte di Cassazione.
Queste e altre problematiche sono alla base della nostra scelta di non sottoscrivere questa preintesa. FP CGIL è impegnata a difendere i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e invita a partecipare allo sciopero generale il 29 novembre per rivendicare condizioni di lavoro eque e dignitose.
Sciopero dell'intera giornata o turno di lavoro venerdì 29 novembre di CGIL e UIL, per cambiare la manovra di bilancio!
CGIL e Uil proclamano sciopero generale dell’intera giornata o turno di lavoro, con manifestazione regionale venerdì 29 novembre a Bologna con partenza del corteo alle ore 9.30 a Porta Lame e conclusione in piazza Maggiore con intervento finale di Maurizio Landini.
Lo hanno reso noto questa mattina nel corso di una conferenza stampa i segretari generali di CGIL e Uil Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri.
La mobilitazione è stata indetta per chiedere di cambiare la manovra di bilancio, considerata del tutto inadeguata a risolvere i problemi del paese, e per rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali.
Il Governo ci infliggerà 7 anni di austerità con:
- perdita del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati causata da un’inflazione da profitti;
- crescita della precarietà e del lavoro nero e sommerso;
- tagli ai servizi pubblici, a partire da Sanità, Istruzione, Trasporto pubblico, Enti locali;
- rinnovi contrattuali per il pubblico impiego che coprono appena 1/3 dell’inflazione;
- taglio del cuneo fiscale (con perdite per molti) pagato dagli stessi lavoratori con il maggior gettito Irpef;
- politiche fiscali che riducono la progressività e che, attraverso condoni e concordati, favoriscono gli evasori;
- nessun intervento sugli extraprofitti;
- peggioramento della Legge Monti/Fornero che si applicherà al 99,9% dei lavoratori;
- insufficiente rivalutazione delle pensioni, con la beffa di un aumento di soli 3 euro al mese per le minime;
- assenza di una politica industriale e tagli agli investimenti;
- ritardi nell’attuazione del PNRR e nessuna strategia per il Mezzogiorno;
- attacco alla libertà di manifestare il dissenso con il Disegno di Legge Sicurezza.
Per queste ragioni rivendichiamo al sistema delle imprese e al governo:
- DI PRENDERE SOLDI DOVE SONO: extraprofitti, profitti, rendite, grandi ricchezze, evasione fiscale e contributiva
- UN FINANZIAMENTO STRAORDINARIO per sanità pubblica, servizi sociali, non autosufficienza, Istruzione e ricerca
- RINNOVO DEI CCNL PUBBLICI E PRIVATI per aumentare il potere d’acquisto, con detassazione degli aumenti
- PIENA RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI, rafforzare ed estendere la quattordicesima
- RIFORMA DELLE PENSIONI che superi la Legge Monti/Fornero
- POLITICA INDUSTRIALE PER I SETTORI MANIFATTURIERI E PER I SERVIZI con investimenti per difendere l’occupazione – anche con il blocco dei licenziamenti – creare nuovo lavoro e costruire un modello di sviluppo sostenibile
- TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA E CONTRASTO ALLA PRECARIETÀ cambiando la legislazione sul lavoro
- RITIRO DEL DISEGNO DI LEGGE SICUREZZA e rispetto delle libertà costituzionali.
MOBILITIAMOCI PER CAMBIARE le scelte ingiuste e sbagliate del Governo
"Medici e infermieri abbandonati" Intervista a Marco Bonaccini, segretario generale della FP CGIL Emilia-Romagna
Dall’intervista a Marco Bonaccini della Gazzetta di Modena del 09/11/2024
Infermieri e medici, da Piacenza a Rimini, vengono insultati quotidianamente e non di rado malmenati, ma al di là della solidarietà verso questi camici bianchi si fa ben poco. Le istituzioni, i politici, le aziende sanitarie e i dirigenti devono invece accollarsi il dolore delle vittime, le spese legali e le soluzioni concrete.
Marco Bonaccini, segretario generale della Cgil Funzione Pubblica Emilia Romagna – il sindacato che ha un’ampia rappresentanza tra il personale sanitario – è un fiume in piena: «Si sta facendo poco o nulla per correre ai ripari sul tema: è gravissimo, anche perché i numeri, già altissimi di questi episodi nel 2024, ci risultano ancora in crescita. Noi, come Cgil, vediamo molta demagogia e ipocrisia, della classe politica alla ricerca continua di like, e dei capi della sanità: la solidarietà, ovviamente, va bene, ma addirittura in alcuni casi, come di recente è avvenuto a Modena, ci devono mettere la faccia le stesse vittime. È intollerabile, tocca alle aziende sanitarie farlo; le vittime devono essere protette e stare a casa perché è difficile riprendere a lavorare dopo certi episodi.»
Bonaccini, andiamo per gradi. Lei fa riferimento ai due infermieri della terapia intensiva cardiologica dell’ospedale di Baggiovara a Modena picchiati. Cosa non va?
«Non ne voglio fare un caso personale anche perché penso che il governo, se parliamo di sanità, ha gravi mancanze, come le dirò. Ma questo caso di Modena, con i due infermieri che hanno preso calci e pugni al volto e all’addome, è utile a spiegare come la pensiamo. Non è possibile che siano le vittime a essere sbattute in prima pagina con nome e cognome quando dovrebbero essere tutelate. Dove sono le loro aziende? Perché i dirigenti non ci mettono la faccia? Sempre a Modena, amministratori pubblici, attuali ed ex, da poco tempo sono subito scesi in campo, ma appunto facendo demagogia: leggo che si farà di tutto come comunità per aiutare queste vittime per le spese legali. Stiamo scherzando? La tutela del lavoratore è della sua azienda, non è affidata al buon cuore della collettività.»
Come se ne esce?
«I lavoratori sono completamente abbandonati al proprio destino, chiediamo che l’azienda ospedaliera possa costituirsi parte civile perché è ovviamente inaccettabile che un sanitario venga malmenato. Anche noi stiamo valutando se costituirci parte civile, ma vorrei uscire dal caso singolo e partire dai numeri.»
Prego.
«Secondo il report sull’anno 2023 dell’Onseps – Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie – quest’anno, le aggressioni in regione sono state 2.401 e hanno coinvolto 2.732 operatori; 2.112 si sono verificate nelle strutture pubbliche, di cui 1.997 negli ospedali. Tali numeri sono raddoppiati rispetto al 2019 pre-covid, mentre in epoca più recente crescono soprattutto le aggressioni verbali (+44,7% dal ’22 al ’23) e rimangono stabili nei due anni quelle fisiche (+2,6% dal 2022 al 2023). A farne le spese sono soprattutto donne, vittime nel 65% dei casi, e il personale infermieristico è più frequentemente coinvolto (59,7% dei casi). Siamo al limite.»
Alla classe politica, sul tema sanità, che è argomento dirimente in vista delle elezioni regionali del 17-18 novembre, cosa date?
«Il governo Meloni, come le dicevo, ha gravi responsabilità sul fronte dei fondi alla sanità, mentre l’organizzazione sanitaria è in capo alla Regione Emilia Romagna insieme alle aziende sanitarie. Il pesce puzza dalla testa, quindi nessuno si chiami fuori.»
In concreto, cosa si può fare contro le aggressioni?
«In primis, ovviamente, vanno evitate, ma vedo che tutti i candidati alle regionali propongono di mettere la polizia nei pronto soccorso e di dotare i sanitari di un braccialetto per lanciare l’allarme alle forze dell’ordine. Cerchiamo invece di essere seri: le forze dell’ordine hanno organici ridotti e non si può mettere un carabiniere nel pronto soccorso, un altro in reparto, e così via, perché non c’è una soluzione facile a problemi complessi. Per questo le dicevo che vedo troppa ipocrisia e propaganda. Occorre risolvere su due piani: dal lato dei pazienti c’è il disagio sociale crescente – ricordo che, secondo l’Istat, 2,5 milioni di italiani non si curano – e occorre anche creare un’organizzazione alternativa al pronto soccorso, che spesso per le persone è l’unico luogo a cui possono rivolgersi. Bisogna anche risolvere il grave problema delle liste d’attesa perché le persone si arrabbiano ed è più facile arrivare ad aggressioni e insulti.»
Sul fronte dei camici bianchi, invece?
«Loro lavorano sempre meno tranquillamente e non certo nelle migliori condizioni, così sono sempre più a disagio. La miscela che le ho descritto è esplosiva, e per questo occorre investire sulla sanità, ridurre i tempi di attesa, aumentare il personale e le sue retribuzioni; insomma, rispondere ai bisogni di tutte le parti. Altrimenti a farne le spese sono medici, infermieri, OSS, personale sul campo, a differenza dei dirigenti sanitari o dei politici. Vediamo troppo scaricabarile.»
Stato di agitazione della sanità a Parma: situazione critica nelle aziende della provincia
La FP CGIL Parma dichiara lo stato d’agitazione nelle aziende sanitarie della provincia
La Funzione Pubblica CGIL di Parma ha recentemente espresso preoccupazione per la condizione del personale sanitario in Azienda Usl e Azienda Ospedaliero-Universitaria della provincia. L’organizzazione sindacale denuncia da tempo l’aumento dello stress e dei carichi di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori e le lavoratrici.
Nuovi servizi senza personale aggiuntivo
Nel corso del 2024, l’Azienda Usl ha inaugurato nuovi servizi, come i CAU (Centri emergenza urgenza) e le COT (Centrale operativa territoriale), senza tuttavia prevedere un’adeguata assunzione di personale. Sebbene nel CAU di Parma siano state inserite nuove unità, nelle altre sedi provinciali la situazione rimane critica. Nel CAU di Fornovo, ad esempio, il personale del servizio di emergenza 118 è stato incaricato di coprire anche i turni del nuovo centro, sovraccaricando un servizio già impegnato su tutto il territorio. A Fidenza, invece, il CAU è gestito in maniera “ibrida”, con una gestione mista che causa confusione e carichi aggiuntivi.
Esternalizzazione del CAU di Langhirano: una gestione contestata
Un altro elemento di forte criticità è rappresentato dalla gestione del CAU di Langhirano, affidata tramite convenzione all’Assistenza Pubblica. Questa esternalizzazione risulta inaccettabile per un servizio che dovrebbe essere interamente pubblico e conforme alle direttive regionali.
Una situazione ancora più grave nell’azienda ospedaliera
La carenza di personale all’interno dell’Azienda Ospedaliera della provincia è ancor più acuta, come dimostrato dal numero eccessivo di ore lavorative e di ferie arretrate del personale. Questo accumulo di straordinari testimonia la difficoltà nel garantire un diritto fondamentale dei lavoratori: il recupero psicofisico. La mancanza di adeguato riposo mina, infatti, la qualità della vita dei dipendenti, con effetti negativi sul loro benessere psico-fisico.
L’indizione dello stato di agitazione e la mobilitazione per la sanità pubblica
Di fronte a queste criticità, la FP CGIL Parma ha proclamato lo stato di agitazione. Diversi incontri e tentativi di negoziazione con i vertici delle due aziende sanitarie non hanno portato ai risultati sperati, spingendo il sindacato a procedere con l’iniziativa di mobilitazione. In mancanza di interventi concreti e di ascolto proseguiremo la mobilitazione, anche a livello nazionale, con lo sciopero previsto per il 29 novembre.
Ribadiamo così la necessità di sostenere una sanità pubblica che sia a tutela non solo dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche di tutta la cittadinanza.
“Fermiamo le guerre” - 26 ottobre 2024 manifestazione nazionale a Firenze
Lo scenario internazionale rappresenta sempre più la legittimazione della guerra come strumento della politica ed a questo si unisce una torsione autoritaria della democrazia in Italia ed in Europa. Due anni e mezzo di guerra in Ucraina con oltre un milione tra morti e feriti delle due parti, 6 milioni di ucraini rifugiati all’estero, un milione di russi fuggiti per evitare il fronte o la galera, un terzo del territorio ucraino distrutto e, nonostante tutto ciò, l’Italia ed paesi membri dell’Unione Europea, giustamente schierati a difesa dei diritti del popolo ucraino contro l’aggressione illegale e criminale della Russia di Putin, continuano ad investire sulla guerra e non sugli strumenti della diplomazia, del negoziato, della soluzione politica, in una escalation militare che può sfuggire di mano e trascinare l’Europa intera in un nuovo conflitto mondiale tra eserciti e stati che posseggono l’arma nucleare.
Ad un anno dal criminale atto di terrore di Hamas nei confronti di civili israeliani e dall’immediata reazione militare del governo israeliano nella striscia di Gaza, il bilancio è drammatico e non se ne vede la fine: oltre 42mila morti, 100mila feriti, 17mila minori orfani, 2 milioni di palestinesi intrappolati, sotto un fuoco incessante, bombardamenti, in permanente fuga per un luogo sicuro, senza cibo, acqua, assistenza sanitaria. Ma il teatro di guerra, nonostante le pressioni internazionali per il cessate il fuoco, si è invece esteso all’intera regione, in Libano, in Siria, in Yemen e con l’Iran, fino agli ultimi episodi che hanno visto l’esercito israeliano attaccare ripetutamente il quartier generale della missione Unifil nel sud del Libano, dove tra gli altri, vi è la presenza di un contingente militare italiano di oltre mille soldati.
Mai, dalla nascita delle Nazioni Unite, ci si è trovati dentro una spirale di guerre e di minacce tra potenze nucleari con il rischio dello scoppio di una guerra globale e nucleare.
Le scelte del nostro governo e dell’Unione Europea stanno violando sistematicamente le fondamenta della convivenza, della pace e della sicurezza comune incardinate nel sistema ONU con la scusa dell’attacco alla nostra democrazia, ai nostri valori, al nostro modello di società. Siamo arrivati al “tutto si tiene”, alla convergenza delle crisi, alla legittimazione della guerra e del riarmo come strumenti di politica estera ed interna degli stati, laddove gli stessi sono portati dalle proprie alleanze e dai supposti interessi nazionali, mentre l’industria ed il commercio delle armi prospera, divide profitti e chi paga il conto sono le popolazioni, i programmi sociali, i servizi sanitari, l’ambiente. Così fallisce il progetto politico della comunità e degli stati europei, così si ridicolizza e si piega il multilateralismo a mere enunciazioni di bei principi senza più azione, coprendosi con l’impunità, oramai complici, senza più limiti, senza più vergogna, solo arroganza e cecità, usando il potere ed il mandato popolare come clava. Prova di tutto ciò sono la censura, la criminalizzazione della protesta, i divieti di manifestare, il dileggio e la banalizzazione di chi si schiera per il cessate il fuoco e per i negoziati, fino ad attaccare le Nazioni Unite, prima a parole, poi con le accuse di essere di parte, per poi bombardare la missione di peacekeeping in Libano.
Oggi più che mai è fondamentale per la difesa dei diritti, della democrazia, del lavoro fermare le guerre e la corsa al riarmo. Non è pensabile che si possa costruire un futuro di benessere e di sicurezza in Italia ed in Europa se si pensa di fare la guerra al resto del mondo.
La giornata si svolgerà con manifestazioni in sette città: Torino, Milano, Firenze, Roma, Bari, Palermo, Cagliari
Trattativa rinnovo CCNL Funzioni Centrali. A che punto siamo?
La trattativa per il rinnovo del CCNL Funzioni Centrali rischia di naufragare a causa della mancata volontà del governo e del Ministro per la Pubblica Amministrazione di destinare le risorse necessarie per garantire un adeguato aumento salariale, in linea con l’inflazione del triennio 2022/2024. Come FP CGIL denunciamo con forza questa situazione: i funzionari pubblici hanno subito una perdita di potere d’acquisto pari a 290 euro, ma la proposta avanzata dall’Aran copre appena 141 euro.
Un contratto dignitoso per lavoratori pubblici
Non è sufficiente vantare una rapidità nella firma dei contratti: ciò che conta è che siano contratti dignitosi, che riconoscano il giusto valore al lavoro pubblico. Non accettiamo che si parli di un contratto che non risponde alle esigenze reali dei lavoratori. Un contratto che non copre l’inflazione e che blocca la crescita salariale e professionale è inaccettabile.
Il confronto con il passato
Il precedente governo, con Brunetta e Draghi, aveva messo a disposizione fondi, attraverso la legge di bilancio del 2022, per finanziare il nuovo ordinamento e per sostenere la contrattazione anche dopo la scadenza del contratto. Oggi, invece, ci troviamo di fronte a un governo che con il PSB (Piano Strutturale di Bilancio) offre solo un 2% di aumento per il prossimo triennio 2025/2027, insufficiente per affrontare la crisi inflazionistica che stiamo vivendo.
Mobilitazione e azioni future
Per questo motivo saremo in piazza il 19 ottobre a Roma: per chiedere risorse adeguate sul salario e per difendere il diritto alla contrattazione collettiva. Dopo il 19 ottobre, continueremo la nostra campagna di mobilitazione, chiedendo che la legge di bilancio venga modificata. Il governo può trovare i fondi necessari, tassando i grandi patrimoni e gli extraprofitti, e non sacrificando i salari dei lavoratori che ogni giorno fanno funzionare ciò che resta di uno Stato al collasso.
Continueremo a presidiare il tavolo delle trattative per garantire condizioni dignitose a tutte le lavoratrici e i lavoratori. Il nostro obiettivo è chiaro: ottenere un contratto che valorizzi il lavoro pubblico e dia risposte concrete su salari, carriere e attrattività della pubblica amministrazione, soprattutto per le nuove generazioni.
Criticità dell'AUSL Romagna tra carenza di personale, aggressioni e turni insostenibili
L’ Ausl della Romagna, nonostante gli importanti investimenti sul personale effettuati ed in essere, resi possibili tramite progettualità e condivisione anche con risorse in capo alla contrattazione, non è esente dalla crescente necessità di personale considerato i nuovi servizi determinate da molti nuovi fattori tra cui un crescente invecchiamento della popolazione e le esigenze di salute nate nel post – pandemia.
La riduzione di investimenti delle ultime leggi di bilancio in rapporto al PIL, nonché le previsioni sulla prossima legge di bilancio, ci dicono che da soli ed a isorisorse evidentemente nessuna azienda sanitaria pubblica ce la può fare con il rischio non solo di non rispondere alle nuove esigenze ma soprattutto di realizzare una progressiva privatizzazione. Ciò significa che il diritto alla salute non sarà più un diritto universale e nel frattempo il personale sanitario si continuerà a trovare nel mezzo con la crescita di aggressioni, disservizi e turni insostenibili.
Questo drammatico percorso è già in corso e si evidenzia in un “deficit effettivo” di unità tra medici, infermieri e operatori sanitari, in cui nessun paragone pre pandemia può essere preso a riferimento e dove le esigenze crescenti di servizi necessitano di numeri diversi da quelli attuali.
Pensare che lo stato di emergenza del servizio sanitario nazionale sia finito con il termine dello stato di emergenza pandemico, riducendo le risorse aggiuntive per le strutture e per il personale è stato un grave errore di cui i Governi che si sono succeduti hanno la prima responsabilità. E’ nei fatti aumentato il numero di pazienti che ogni operatore deve gestire, ci sono visite ed esami ancora da recuperare e altre richieste che emergono anche a fronte di persone che negli anni della pandemia hanno rinunciato a fare visite ed esami.
Questa esigenza di personale aggiuntivo è determinata dunque dalla necessità di garantire l’operatività quotidiana delle strutture sanitarie dove il 2024 non è paragonabile al 2019.
A farne le spese sono tutti i reparti a partire da quelli di emergenza , i reparti di degenza ordinaria per finire ai servizi territoriali, con situazioni limite in cui gli operatori sono costretti a turni massacranti anche per l’ aggiunta di letti aggiuntivi.
Parallelamente alla mancanza del personale necessario in questo nuovo contesto, si registra un preoccupante incremento delle aggressioni fisiche e verbali ai danni degli operatori sanitari. Secondo report ormai pubblici anche sul sito della regione, gli episodi di violenza contro il personale sono aumentati notevolmente, sono state intraprese iniziative per prevenire la violenza, tra cui il supporto psicologico per il personale aggredito. Tuttavia, nonostante questi sforzi, gli episodi continuano, alimentati da una crescente aggressività sociale che non risparmia nemmeno gli ambienti sanitari . È inaccettabile che chi si dedica alla cura degli altri debba temere per la propria incolumità.
Le problematiche legate alla carenza di personale e alla crescita degli episodi di violenza si sommano a un altro problema, forse meno visibile ma altrettanto grave: la crescente difficoltà per il personale sanitario a mantenere un equilibrio tra vita professionale e privata, giornate lavorative che si estendono ben oltre l’orario previsto, reperibilità che non lasciano spazio al riposo e di turni spesso modificati all’ultimo minuto per sopperire a carenze improvvise.
La Fp Cgil è impegnata da tempo a tutti i livelli partendo dal nazionale nel rivendicare azioni che vanno incontro alle soluzioni delle problematiche esposte , esigendo risorse economiche e investimenti sul personale, rivendicando un piano straordinario di assunzioni e lo sblocco sul tetto dei fondi e fabbisogni di personale , perché non si può difendere la sanità pubblica senza salvaguardare e investire sui professionisti che ci lavorano a partire dall’esigenza del rinnovo del CCNL 2022 -2024 non ancora sottoscritto.
Per queste ragioni proseguiremo in una campagna verità di sensibilizzazione, informazione e mobilitazione, contro un’idea di destrutturazione del sistema sanitario nazionale e in difesa delle lavoratrici e dei lavoratori.
Perdite sul TFS/TFR fino a 41.290 euro, il Governo deve agire subito
La Funzione Pubblica CGIL denuncia con forza il grave danno economico subito dai dipendenti pubblici a causa del ritardo nei pagamenti del Trattamento di Fine Servizio (TFS) e del Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Il differimento di queste liquidazioni, che in alcuni casi può arrivare fino a sette anni, sta provocando perdite che vanno dai 17.000 ai 41.290 euro. FP CGIL, insieme a CGIL Nazionale, FLC, SPI e SILP sollecita il Governo a intervenire senza ulteriori ritardi.
L’impatto devastante sui dipendenti pubblici
L’ingiusto rinvio nel pagamento del TFS/TFR rappresenta una discriminazione nei confronti dei lavoratori pubblici rispetto a quelli del settore privato. La FP CGIL, attraverso un’analisi dell’Ufficio Previdenza curata dal responsabile Ezio Cigna, ha calcolato l’entità delle perdite. Un lavoratore che ha cessato il servizio nel 2022 con uno stipendio di 30.000 euro ha perso 17.958 euro rispetto al TFS nominale di 86.000 euro. Con l’aumento della retribuzione, le perdite aumentano: 25.310 euro per chi percepiva 40.000 euro e fino a 41.290 euro per chi guadagnava 60.000 euro.
Le cause di queste perdite sono doppie: da un lato, l’inflazione ha eroso il valore reale del TFS/TFR percepito con ritardo; dall’altro, i lavoratori hanno subito il mancato rendimento che questi importi avrebbero generato se fossero stati investiti al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
FP CGIL e la lotta per la giusta liquidazione
Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale n. 130/23, che ha dichiarato questo differimento contrario al principio di giusta retribuzione (art. 36 della Costituzione), il Governo non ha ancora preso misure concrete per porre fine a questa ingiustizia. La FP CGIL, insieme alle altre Confederazioni, ha intrapreso un percorso di lotta, lanciando una petizione per chiedere il pagamento immediato del TFS/TFR, in difesa delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici.
“Le promesse del Governo, incentrate sullo smantellamento della Legge Monti-Fornero e sul miglioramento del sistema pensionistico, si sono rivelate vuote. Anzi, le proposte contenute nel Piano Strutturale di Bilancio rischiano di peggiorare ulteriormente le condizioni di accesso alla pensione, con tagli alle aliquote di rendimento e il trattenimento in servizio come unica risposta”, denuncia la FP CGIL.
La battaglia di FP CGIL prosegue
Per FP CGIL, la questione dei tempi di liquidazione del TFS/TFR resta centrale e non è più tollerabile che il Governo continui a ignorare questo problema, penalizzando ulteriormente chi, nel settore pubblico, ha sempre pagato tasse e contributi. La FP CGIL si dice pronta a proseguire con tutti gli strumenti a disposizione, comprese azioni legali, per rivendicare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici e porre fine a questa ingiustizia.
Trattativa rinnovo CCNL Sanità. A che punto siamo?
Si è svolto oggi, in sede Aran, un incontro nell’ambito della trattativa per il rinnovo del contratto nazionale del comparto sanità pubblica.
In apertura di confronto, l’Aran ha illustrato una proiezione ipotetica relativa agli incrementi economici che deriverebbero dalla distribuzione delle risorse attualmente a disposizione del contratto.
Si tratta, com’é noto, di un incremento della massa salariale pari al 5,78% (a fronte un incremento del costo della vita che nel triennio di riferimento sarà superiore al triplo) a cui vanno aggiunte le risorse stanziate dal D.L. 34 del marzo 2023 destinate esclusivamente a coloro che operano nei pronto soccorso.
L’ipotesi che Aran ha consegnato alla discussione destinerebbe il 5,2% (su un totale, ripetiamo, di 5,78) agli incrementi tabellari, lasciando al restante 0,58% il finanziamento di tutto il resto (indennità, fondi, incarichi, dep, costo delle modifiche normative etc. etc.).
Tradotto in cifre questo porterebbe a un incremento medio a regime sul tabellare di 130€ lordi (115, 120, 127, 135, 193, partendo dall’area del personale di supporto a crescere fino all’area di elevata qualificazione) a cui si aggiungerebbero poco meno di 15€ lordi per il finanziamento degli altri istituti sopra descritti.
Va sottolineato che più della metà delle risorse che sarebbero destinate agli incrementi in busta paga (circa il 52%) vengono già percepiti in busta paga a titolo di indennità di vacanza contrattuale. Questo significa, utilizzando l’ipotesi proposta da Aran, che su 130€ lordi medi 67 vengono già percepiti in busta paga e l’incremento residuo sarebbe di circa 63 euro.
A fronte di questa ipotesi abbiamo ribadito, al pari di altre organizzazioni sindacali, come l’insufficienza delle risorse non consenta di poter concretizzare la discussione sul rinnovo e come, quindi, sia indispensabile reperire ulteriori risorse. Motivo per il quale crescono le ragioni della mobilitazione che stiamo portando avanti, che deve intensificarsi al fine di costringere il governo a farsi carico della necessità di dare risposte adeguate alle lavoratrici e ai lavoratori del comparto. Ad oggi infatti siamo di fronte a un quadro che, oltre ad essere del tutto insufficiente per la parte che riguarda gli stipendi, sostanzialmente non ha che briciole da destinare alla valorizzazione professionale, ai fondi, al necessario incremento delle indennità.
La discussione é poi proseguita su alcuni aspetti della parte normativa, su testi che Aran ha inviato implementando l’articolato con alcuni temi ulteriori inerenti il rapporto di lavoro. Su questo resta la nostra contrarietà al tentativo, che si legge in trasparenza, di stressare le materie relative all’orario di lavoro per tentare di far funzionare le strutture gravate da una cronica carenza di organico. Anche su questo, ovviamente, lavoreremo con le nostre proposte per modificare questa impostazione.
Vi terremo aggiornati sul prosieguo della trattativa e della mobilitazione.
Trattativa CCNL Funzioni Locali. A che punto siamo?
Si è svolto il 30/09/2024 il quinto incontro con l’ARAN per la trattativa del CCNL Funzioni Locali 2022-2024.
Il tavolo, come concordato nel precedente incontro, ha proceduto ad un approfondimento tecnico dei testi che le parti si erano scambiate nei tre incontri precedenti.
L’ARAN ha spiegato perché, a suo parere, alcune proposte erano da respingere, altre da accogliere, altre tali che, pur condividendone le finalità, si è riservata di proporre una diversa formulazione. Vi sono poi alcune proposte che le OO.SS. hanno respinto e alle quali l’ARAN a volte ha rinunciato, a volte non ha rinunciato.
In particolare l’ARAN ha respinto, tra le altre, le seguenti proposte:
-
il coinvolgimento nell’ambito di applicazione del CCNL di Aziende speciali e Fondazioni degli enti locali;
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in vincolo temporale dell’invio degli atti oggetto di sol informazione con almeno 10 giorni di anticipo sulla loro adozione;
-
lo spostamento da informazione a confronto dei contratti assicurativi di copertura del personale dell’ente;
-
il confronto sulla costituzione del Fondo del Salario Accessorio;
-
il confronto sui criteri per le progressioni verticali ordinarie;
-
l’inserimento dei profili tra le materie oggetto di contrattazione invece che di confronto;
-
la possibilità di estendere l’uso dei permessi studio ai corsi universitari telematici seguiti in modalità asincrona.
-
l’equiparati a servizio effettivamente prestato, ai fini della corresponsione del buono pasto, delle ore di “allattamento”, dei permessi 104, i permessi per assemblea sindacale, la partecipazione ai corsi di formazione, i permessi per attività sindacale. (Su questo punto ARAN si riserva di fare un’ulteriore proposta che però sarebbe limitata ai soli permessi per formazione.)
L’ARAN ha invece accolto, tra le altre, le seguenti proposte:
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l’inserimento, tra le materie oggetto di confronto dei riflessi sui lavoratori delle convenzioni o degli accordi sottoscritti con altre pubbliche amministrazioni e dei criteri per il conferimento delle mansioni superiori;
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l’inserimento, tra le materie oggetto di contrattazione, dell’individuazione delle particolari ipotesi nelle quali è consentita l’erogazione di due buoni pasto nell’arco della stessa giornata lavorativa. (Su questo tema però ARAN reputa necessario stimare un possibile costo contrattuale);
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la possibilità per la contrattazione di discutere dei criteri di priorità per l’accesso al lavoro agile ed al lavoro da remoto nonché individuazione dei casi in cui è possibile aumentare il numero delle giornate di prestazione rese in modalità agile o da remoto;
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la proposta di dichiarazione congiunta in cui si chiarisce che ai fini dell’applicazione del riconoscimento del buono pasto hanno rilievo esclusivamente la durata minima della pausa e la collocazione a cavallo tra periodi del lavoro mattutino (orario 6-12), del lavoro pomeridiano (orario 12-18), del lavoro serale (orario 18-22) del lavoro notturno (orario 22-6);
-
la possibilità di riconoscere, attraverso il welfare, dei versamenti aggiuntivi del lavoratore, su base volontaria, al Fondo di previdenza complementare;
-
la formulazione dei criteri per l’attribuzione del doppio buono pasto.
L’ARAN si è poi riservata di fare proposte su questioni che, pur condivise, richiedono a suo parere una diversa formulazione rispetto a quella proposta dalle OO.SS.
Tra queste:
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l’eliminazione di ogni attenuante all’obbligo per gli enti di avviare la contrattazione annuale entro il primo quadrimestre di ogni anno;
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l’eliminazione di ogni possibilità di misurazione della pausa pranzo quando collocata, per alcune specifiche categorie, ad inizio o fine orario di lavoro;
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la possibilità di liquidare le festività soppresse se non godute entro l’anno di maturazione;
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la possibilità di godere ad ore delle festività soppresse;
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la possibilità di estendere a tutti gli enti del comparto l’istituto delle ferie ad ore.
L’ARAN ha invece insistito per riproporre due proposte respinte dalle OO.SS., ossia: la possibilità di svolgere la contrattazione in un’unica sessione salvo diverso accordo tra le parti; la possibilità di destinare quota del salario accessorio al fondo straordinario.
L’Agenzia ha invece ritirato, su richiesta delle OO.SS., la formulazione che costringeva i lavoratori a programmare necessariamente e sin dal mese di febbraio di ogni anno, per tutto l’anno, tutte le ferie in maturazione.
Visti gli esiti dell’incontro abbiamo reputato utile chiedere che anche la prossima riunione prosegua nel confronto tecnico con lo scopo di poter presentare delle controdeduzioni alle osservazioni dell’ARAN.
Nel complesso si tratta di un quadro a tinte grigio scure, che vede molte proposte significative fatte dalle OO.SS. respinte, a fronte di qualche concessione su alcuni temi di una certa rilevanza. Inoltre alcune proposte, vedi ad esempio quella sullo straordinario o quella sui possibili costi contrattuali del riconoscimento del doppio buono pasto, non fanno che rimarcare il problema che denunciamo fin dall’inizio della trattativa, ossia la totale insufficienza delle risorse disponibili per il rinnovo.
Il tavolo si è quindi aggiornato alla seconda metà del mese di ottobre.