15 novembre - Giornata per la parità retributiva
Un mondo del lavoro più equo contribuisce a una società più giusta.
Il 15 novembre è la giornata designata dalla Commissione europea per ricordare che la parità retributiva tra uomo e donna è ancora un traguardo lontano al punto che, almeno simbolicamente, dal 15 novembre al 31 dicembre le donne lavorano “gratis”.
In Europa, il divario salariale medio è del 12,7%. In Italia, la situazione è ancora più grave: il gap retributivo giornaliero raggiunge il 28% e su base annuale arriva addirittura al 40%, poiché l’occupazione femminile è più concentrata nei settori con retribuzioni più basse, e le donne hanno più spesso contratti part-time, temporanei, stagionali o intermittenti.
Questi fattori producono anche conseguenze sui trattamenti pensionistici. Secondo i dati più recenti dell’INPS, gli importi medi delle pensioni percepite dagli uomini superano quelli delle donne di circa il 60%: 1.430 euro contro 884 euro nel 2022. Per invertire questa tendenza e combattere questa ingiustizia sociale, è necessario intervenire a livello normativo, culturale e sindacale.
Come?
- Sollecitando lo Stato a recepire rapidamente la Direttiva europea sulla trasparenza salariale, che contrasta il divario retributivo di genere.
- Coinvolgendo i padri nel lavoro di cura, ad esempio attraverso congedi di paternità paritari e obbligatori.
- Dando forza al sindacato per contrattare misure che favoriscano la parità di genere e retributiva nelle aziende.
Elezioni regionali del 17 e 18 novembre. Il nostro appello al voto!
Domenica 17 e lunedì 18 novembre si voterà per eleggere il/la nuovo/a Presidente e la nuova Assemblea Legislativa (50 componenti) della Regione Emilia-Romagna.
Si tratta di un appuntamento molto importante, considerato quante e quali sono le materie sulle quali la Regione interviene.
In Emilia Romagna sono oltre 3,5 milioni le persone che hanno il diritto di votare.
Sappiamo anche, però, che probabilmente sono molte meno quelle che decideranno di esercitare questo diritto.
I motivi sono tanti, ogni persona ha il proprio, spesso racchiusi nella frase “la disaffezione dalla politica”. Io invece spero che siano in tante, in tanti ad esercitare il proprio diritto di voto.
Ecco, è questo il punto: diritto di voto. Non esercitarlo porta ad una conseguenza: saranno altr3 a decidere per noi, saranno le cosiddette “lobby di potere” a decidere per noi (e ci sono peraltro buone probabilità che tale decisione non ci piaccia…).
Ognun3 saprà chi votare, non ha certamente bisogno di suggerimenti.
Il mio auspicio è che il voto ricada su chi ha maggiormente a cuore il valore del lavoro e l’importanza dell’investimento nei servizi pubblici al servizio di una comunità e, di conseguenza, di quei diritti universali sanciti dalla nostra Costituzione.
E chi lavora nei servizi pubblici sa bene quanto ce ne sia bisogno!
Buon voto a tutt3.
Marco Bonaccini, segretario generale della FP CGIL Emilia-Romagna.
"Restiamo Umani": Testimonianze dai Territori Palestinesi Occupati
Il comitato degli iscritti di FP CGIL della Regione Emilia-Romagna organizzerò un evento speciale intitolato “Restiamo Umani”, dedicato a sensibilizzare la comunità sulle condizioni dei territori palestinesi occupati. L’incontro è un’occasione per ascoltare testimonianze dirette e discutere su come il sindacato può intervenire a livello collettivo.
Dettagli dell’Evento
- Data: 26 novembre 2024
- Ora: 18:00
- Luogo: Cucine Popolari, Via del Battiferro 2, Bologna
Programma e Interventi
La serata sarà moderata e organizzata dai delegati regionali di FP CGIL e vedrà la partecipazione di:
- Luisa Morgantini, Presidente di Assopace Palestina
- Rappresentanti di Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace
- Attivisti di Mediterranea Saving Humans di ritorno dalla Palestina
- Marco Bonaccini, Segretario Generale FP CGIL Emilia-Romagna
- Mirto Bassoli, Segretario Camera del Lavoro di Bologna
Cena di Raccolta Fondi
A partire dalle 20:00, si terrà una cena di raccolta fondi per supportare le attività di Mediterranea Saving Humans e Operazione Colomba. La cena è aperta ai regionali e alle loro famiglie. La partecipazione è a offerta libera e consapevole (donazione consigliata: 20€). È necessaria la prenotazione via WhatsApp ai numeri: 3476933565 o 3452863865.
Sciopero dell'intera giornata o turno di lavoro venerdì 29 novembre di CGIL e UIL, per cambiare la manovra di bilancio!
CGIL e Uil proclamano sciopero generale dell’intera giornata o turno di lavoro, con manifestazione regionale venerdì 29 novembre a Bologna con partenza del corteo alle ore 9.30 a Porta Lame e conclusione in piazza Maggiore con intervento finale di Maurizio Landini.
Lo hanno reso noto questa mattina nel corso di una conferenza stampa i segretari generali di CGIL e Uil Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri.
La mobilitazione è stata indetta per chiedere di cambiare la manovra di bilancio, considerata del tutto inadeguata a risolvere i problemi del paese, e per rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali.
Il Governo ci infliggerà 7 anni di austerità con:
- perdita del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati causata da un’inflazione da profitti;
- crescita della precarietà e del lavoro nero e sommerso;
- tagli ai servizi pubblici, a partire da Sanità, Istruzione, Trasporto pubblico, Enti locali;
- rinnovi contrattuali per il pubblico impiego che coprono appena 1/3 dell’inflazione;
- taglio del cuneo fiscale (con perdite per molti) pagato dagli stessi lavoratori con il maggior gettito Irpef;
- politiche fiscali che riducono la progressività e che, attraverso condoni e concordati, favoriscono gli evasori;
- nessun intervento sugli extraprofitti;
- peggioramento della Legge Monti/Fornero che si applicherà al 99,9% dei lavoratori;
- insufficiente rivalutazione delle pensioni, con la beffa di un aumento di soli 3 euro al mese per le minime;
- assenza di una politica industriale e tagli agli investimenti;
- ritardi nell’attuazione del PNRR e nessuna strategia per il Mezzogiorno;
- attacco alla libertà di manifestare il dissenso con il Disegno di Legge Sicurezza.
Per queste ragioni rivendichiamo al sistema delle imprese e al governo:
- DI PRENDERE SOLDI DOVE SONO: extraprofitti, profitti, rendite, grandi ricchezze, evasione fiscale e contributiva
- UN FINANZIAMENTO STRAORDINARIO per sanità pubblica, servizi sociali, non autosufficienza, Istruzione e ricerca
- RINNOVO DEI CCNL PUBBLICI E PRIVATI per aumentare il potere d’acquisto, con detassazione degli aumenti
- PIENA RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI, rafforzare ed estendere la quattordicesima
- RIFORMA DELLE PENSIONI che superi la Legge Monti/Fornero
- POLITICA INDUSTRIALE PER I SETTORI MANIFATTURIERI E PER I SERVIZI con investimenti per difendere l’occupazione – anche con il blocco dei licenziamenti – creare nuovo lavoro e costruire un modello di sviluppo sostenibile
- TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA E CONTRASTO ALLA PRECARIETÀ cambiando la legislazione sul lavoro
- RITIRO DEL DISEGNO DI LEGGE SICUREZZA e rispetto delle libertà costituzionali.
MOBILITIAMOCI PER CAMBIARE le scelte ingiuste e sbagliate del Governo
"Medici e infermieri abbandonati" Intervista a Marco Bonaccini, segretario generale della FP CGIL Emilia-Romagna
Dall’intervista a Marco Bonaccini della Gazzetta di Modena del 09/11/2024
Infermieri e medici, da Piacenza a Rimini, vengono insultati quotidianamente e non di rado malmenati, ma al di là della solidarietà verso questi camici bianchi si fa ben poco. Le istituzioni, i politici, le aziende sanitarie e i dirigenti devono invece accollarsi il dolore delle vittime, le spese legali e le soluzioni concrete.
Marco Bonaccini, segretario generale della Cgil Funzione Pubblica Emilia Romagna – il sindacato che ha un’ampia rappresentanza tra il personale sanitario – è un fiume in piena: «Si sta facendo poco o nulla per correre ai ripari sul tema: è gravissimo, anche perché i numeri, già altissimi di questi episodi nel 2024, ci risultano ancora in crescita. Noi, come Cgil, vediamo molta demagogia e ipocrisia, della classe politica alla ricerca continua di like, e dei capi della sanità: la solidarietà, ovviamente, va bene, ma addirittura in alcuni casi, come di recente è avvenuto a Modena, ci devono mettere la faccia le stesse vittime. È intollerabile, tocca alle aziende sanitarie farlo; le vittime devono essere protette e stare a casa perché è difficile riprendere a lavorare dopo certi episodi.»
Bonaccini, andiamo per gradi. Lei fa riferimento ai due infermieri della terapia intensiva cardiologica dell’ospedale di Baggiovara a Modena picchiati. Cosa non va?
«Non ne voglio fare un caso personale anche perché penso che il governo, se parliamo di sanità, ha gravi mancanze, come le dirò. Ma questo caso di Modena, con i due infermieri che hanno preso calci e pugni al volto e all’addome, è utile a spiegare come la pensiamo. Non è possibile che siano le vittime a essere sbattute in prima pagina con nome e cognome quando dovrebbero essere tutelate. Dove sono le loro aziende? Perché i dirigenti non ci mettono la faccia? Sempre a Modena, amministratori pubblici, attuali ed ex, da poco tempo sono subito scesi in campo, ma appunto facendo demagogia: leggo che si farà di tutto come comunità per aiutare queste vittime per le spese legali. Stiamo scherzando? La tutela del lavoratore è della sua azienda, non è affidata al buon cuore della collettività.»
Come se ne esce?
«I lavoratori sono completamente abbandonati al proprio destino, chiediamo che l’azienda ospedaliera possa costituirsi parte civile perché è ovviamente inaccettabile che un sanitario venga malmenato. Anche noi stiamo valutando se costituirci parte civile, ma vorrei uscire dal caso singolo e partire dai numeri.»
Prego.
«Secondo il report sull’anno 2023 dell’Onseps – Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie – quest’anno, le aggressioni in regione sono state 2.401 e hanno coinvolto 2.732 operatori; 2.112 si sono verificate nelle strutture pubbliche, di cui 1.997 negli ospedali. Tali numeri sono raddoppiati rispetto al 2019 pre-covid, mentre in epoca più recente crescono soprattutto le aggressioni verbali (+44,7% dal ’22 al ’23) e rimangono stabili nei due anni quelle fisiche (+2,6% dal 2022 al 2023). A farne le spese sono soprattutto donne, vittime nel 65% dei casi, e il personale infermieristico è più frequentemente coinvolto (59,7% dei casi). Siamo al limite.»
Alla classe politica, sul tema sanità, che è argomento dirimente in vista delle elezioni regionali del 17-18 novembre, cosa date?
«Il governo Meloni, come le dicevo, ha gravi responsabilità sul fronte dei fondi alla sanità, mentre l’organizzazione sanitaria è in capo alla Regione Emilia Romagna insieme alle aziende sanitarie. Il pesce puzza dalla testa, quindi nessuno si chiami fuori.»
In concreto, cosa si può fare contro le aggressioni?
«In primis, ovviamente, vanno evitate, ma vedo che tutti i candidati alle regionali propongono di mettere la polizia nei pronto soccorso e di dotare i sanitari di un braccialetto per lanciare l’allarme alle forze dell’ordine. Cerchiamo invece di essere seri: le forze dell’ordine hanno organici ridotti e non si può mettere un carabiniere nel pronto soccorso, un altro in reparto, e così via, perché non c’è una soluzione facile a problemi complessi. Per questo le dicevo che vedo troppa ipocrisia e propaganda. Occorre risolvere su due piani: dal lato dei pazienti c’è il disagio sociale crescente – ricordo che, secondo l’Istat, 2,5 milioni di italiani non si curano – e occorre anche creare un’organizzazione alternativa al pronto soccorso, che spesso per le persone è l’unico luogo a cui possono rivolgersi. Bisogna anche risolvere il grave problema delle liste d’attesa perché le persone si arrabbiano ed è più facile arrivare ad aggressioni e insulti.»
Sul fronte dei camici bianchi, invece?
«Loro lavorano sempre meno tranquillamente e non certo nelle migliori condizioni, così sono sempre più a disagio. La miscela che le ho descritto è esplosiva, e per questo occorre investire sulla sanità, ridurre i tempi di attesa, aumentare il personale e le sue retribuzioni; insomma, rispondere ai bisogni di tutte le parti. Altrimenti a farne le spese sono medici, infermieri, OSS, personale sul campo, a differenza dei dirigenti sanitari o dei politici. Vediamo troppo scaricabarile.»
“Fermiamo le guerre” - 26 ottobre 2024 manifestazione nazionale a Firenze
Lo scenario internazionale rappresenta sempre più la legittimazione della guerra come strumento della politica ed a questo si unisce una torsione autoritaria della democrazia in Italia ed in Europa. Due anni e mezzo di guerra in Ucraina con oltre un milione tra morti e feriti delle due parti, 6 milioni di ucraini rifugiati all’estero, un milione di russi fuggiti per evitare il fronte o la galera, un terzo del territorio ucraino distrutto e, nonostante tutto ciò, l’Italia ed paesi membri dell’Unione Europea, giustamente schierati a difesa dei diritti del popolo ucraino contro l’aggressione illegale e criminale della Russia di Putin, continuano ad investire sulla guerra e non sugli strumenti della diplomazia, del negoziato, della soluzione politica, in una escalation militare che può sfuggire di mano e trascinare l’Europa intera in un nuovo conflitto mondiale tra eserciti e stati che posseggono l’arma nucleare.
Ad un anno dal criminale atto di terrore di Hamas nei confronti di civili israeliani e dall’immediata reazione militare del governo israeliano nella striscia di Gaza, il bilancio è drammatico e non se ne vede la fine: oltre 42mila morti, 100mila feriti, 17mila minori orfani, 2 milioni di palestinesi intrappolati, sotto un fuoco incessante, bombardamenti, in permanente fuga per un luogo sicuro, senza cibo, acqua, assistenza sanitaria. Ma il teatro di guerra, nonostante le pressioni internazionali per il cessate il fuoco, si è invece esteso all’intera regione, in Libano, in Siria, in Yemen e con l’Iran, fino agli ultimi episodi che hanno visto l’esercito israeliano attaccare ripetutamente il quartier generale della missione Unifil nel sud del Libano, dove tra gli altri, vi è la presenza di un contingente militare italiano di oltre mille soldati.
Mai, dalla nascita delle Nazioni Unite, ci si è trovati dentro una spirale di guerre e di minacce tra potenze nucleari con il rischio dello scoppio di una guerra globale e nucleare.
Le scelte del nostro governo e dell’Unione Europea stanno violando sistematicamente le fondamenta della convivenza, della pace e della sicurezza comune incardinate nel sistema ONU con la scusa dell’attacco alla nostra democrazia, ai nostri valori, al nostro modello di società. Siamo arrivati al “tutto si tiene”, alla convergenza delle crisi, alla legittimazione della guerra e del riarmo come strumenti di politica estera ed interna degli stati, laddove gli stessi sono portati dalle proprie alleanze e dai supposti interessi nazionali, mentre l’industria ed il commercio delle armi prospera, divide profitti e chi paga il conto sono le popolazioni, i programmi sociali, i servizi sanitari, l’ambiente. Così fallisce il progetto politico della comunità e degli stati europei, così si ridicolizza e si piega il multilateralismo a mere enunciazioni di bei principi senza più azione, coprendosi con l’impunità, oramai complici, senza più limiti, senza più vergogna, solo arroganza e cecità, usando il potere ed il mandato popolare come clava. Prova di tutto ciò sono la censura, la criminalizzazione della protesta, i divieti di manifestare, il dileggio e la banalizzazione di chi si schiera per il cessate il fuoco e per i negoziati, fino ad attaccare le Nazioni Unite, prima a parole, poi con le accuse di essere di parte, per poi bombardare la missione di peacekeeping in Libano.
Oggi più che mai è fondamentale per la difesa dei diritti, della democrazia, del lavoro fermare le guerre e la corsa al riarmo. Non è pensabile che si possa costruire un futuro di benessere e di sicurezza in Italia ed in Europa se si pensa di fare la guerra al resto del mondo.
La giornata si svolgerà con manifestazioni in sette città: Torino, Milano, Firenze, Roma, Bari, Palermo, Cagliari
Rinnovo CCNL Pubblico impiego: ancora non ci siamo, mobilitiamoci!
In questi giorni si leggono articoli su testate giornalistiche nazionali, riferiti ai rinnovi dei contratti del pubblico impiego, nei quali emerge uno scenario da rush finale dato da un aumento inverosimile, verso l’alto, delle retribuzioni complessive. La realtà dei fatti, però, è un’altra.
Ai tavoli di trattativa delle Funzioni Locali e Sanità le stesse continuano lentamente mentre, per le Funzioni Centrali, da ieri, si legge della volontà del presidente di Aran, Antonio Naddeo, di chiudere entro il 2024 ma a risorse date. Andiamo per ordine. In generale, Aran sta concentrando l’approfondimento su 2 blocchi: relazioni sindacali e rapporto di lavoro non affrontando ancora i temi del salario e dell’orario che, invece per noi, sono nevralgici. Non si affrontano perché le linee guida, inviate dal Governo all’Aran, significano perdita del potere di acquisto. Capiamo il perché. Nero su bianco le risorse a disposizione sarebbero il 5,78% nel triennio 2022/2024 (comprese le risorse già erogate a titolo di vacanza contrattuale ed anticipo contrattuale e da ripartire prevalentemente sul salario accessorio) a fronte di una inflazione che, per quegli anni, ha registrato numeri in doppia cifra. Da sottolineare che con il PSB (Piano Strutturale di Bilancio) il Governo afferma che darà solo il 2% per il prossimo triennio 2025/2027.
Inoltre, si registra un arretramento nelle relazioni sindacali in quanto sono scritte chiaramente le materie che vengono sottratt e alla contrattazione (puntando a togliere valore alla funzione del CCNL). Riassumendo, l’aumento contrattuale non sta dietro all’inflazione e limito fortemente la capacità di agire, alle Rsu e alle Organizzazioni Sindacali, in tema di diritti.
Da parte nostra, gli obiettivi della FP CGIL sono noti:
• recupero del potere di acquisto
• risorse per portare a compimento il nuovo sistema di classificazione
• sblocco dei tetti ai fondi di contrattazione
oltre alla nostra volontà di inserire nel nuovo CCNL elementi innovativi, che però non si possono fare perché non sono finanziati. Al contrario, il Governo sta guardando alle e ai dipendenti pubblici solo come una possibilità di risparmio: dopo la modifica al ribasso dei coefficienti previdenziali dello scorso anno (pensioni più leggere) ora paventa la possibilità, per il settore pubblico, di restare al lavoro fino a 70 anni di età. Forse per tamponare le mancate assunzioni? Continuando di questo passo nel 2030 saranno ben 1.200.000 le lavoratrici ed i lavoratori pubblici in meno rispetto al 2010: una vera e propria desertificazione della pubblica amministrazione.
Altro punto nevralgico. Oltre alla mancanza di risorse necessarie per i rinnovi dei CCNL, è prevista una forte contrazione dei servizi pubblici. Cambiano quindi i connotati di cittadinanza. Lo scenario che abbiamo davanti è di impoverimento sociale. Al contrario, bisognerebbe:
- aumentare i salari
- avere una strategia di politica industriale
- investire sul welfare
- attuare una diversa politica fiscale
- tenere in considerazione le forti disparità territoriali.
In sintesi, a giudicare dalle notizia sui media, l’impegno del Ministro pare quello di ricercare una maggioranza sindacale disposta a rinnovare i CCNL non sulla base di una trattativa ma su quanto richiesto dal Governo. Infatti, nella pubblica amministrazione un contratto nazionale è valido se sottoscritto da organizzazioni sindacali che insieme rappresentino la maggioranza di lavoratrici e lavoratori. La rappresentatività di un’organizzazione sindacale è data dalla media del dato di adesione (iscritti ed iscritte) con il risultato delle elezioni RSU. Ecco perché, fra le altre motivazioni, è così importante iscriversi alla FP CGIL e votare alle elezioni della prossima primavera. I nostri obiettivi sono chiari, la nostra azione coerente. Rafforzarci ulteriormente significa creare le condizioni per avere un contratto nazionale di lavoro migliore e adeguato alle attuali esigenze.
Manifestazione Nazionale del 19 Ottobre a Roma: Salario, Salute, Diritti e Occupazione
Il 19 ottobre 2024, a Roma in Piazza del Popolo, alle ore 10:00, organizzeremo una grande manifestazione nazionale intitolata “Salario, salute, diritti, occupazione”. Chiediamo il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro nel settore dei servizi pubblici, con un focus specifico sull’aumento delle risorse destinate ai contratti nazionali.
Abbiamo sottolineato l’importanza di maggiori fondi per la sanità pubblica, con l’obiettivo di garantire cure universali e gratuite. Gli attuali aumenti salariali, proposti intorno al 5%, sono insufficienti a fronte di un’inflazione del 17%. Per questo, i sindacati ritengono indispensabile l’intervento del governo.
Inoltre, vogliamo denunciare l’impatto negativo dell’autonomia differenziata, che rischia di aumentare le disuguaglianze tra i cittadini. I sindacati rilanciano anche la proposta di un grande Piano straordinario per l’occupazione, mirato a colmare la cronica carenza di personale che affligge il settore pubblico.
Il governo deve dare risposte concrete ai lavoratori delle funzioni centrali, locali e della sanità.
La crisi economica e l’assenza di soluzioni nelle trattative con il governo stanno mettendo a rischio i diritti costituzionali delle cittadine e dei cittadini, nonché la dignità di lavoratrici e lavoratori.
Sciopero nazionale UNEBA: grande partecipazione ai presidi regionali di Ravenna e Fiorenzuola
Oggi 16 settembre, durante lo sciopero nazionale indetto da FP CGIL, CISL FP, FISASCAT CISL, UIL FPL e UILTUCS, si sono svolti due presidi regionali molto partecipati: a Fiorenzuola, davanti alla Casa Protetta della Fondazione Verani Lucca, e a Ravenna presso Villa Serena, nella frazione di San Romualdo. Centinaia di lavoratrici e lavoratori hanno espresso la loro forte opposizione alle proposte di Uneba, giudicate inadeguate e irrisorie, con una partecipazione significativa e determinata.
La protesta contro la proposta Uneba
Le organizzazioni sindacali regionali e i partecipanti ai presidi hanno denunciato con fermezza la mancanza di volontà di Uneba di rinnovare il Contratto Nazionale di Lavoro. La proposta avanzata dall’associazione prevede un aumento minimo, ritenuto del tutto insufficiente per riconoscere e valorizzare i professionisti del settore socio-sanitario, che ogni giorno si prendono cura della collettività con dedizione e responsabilità.
L’urgenza di un rinnovo contrattuale dignitoso
I segretari regionali e i funzionari sindacali presenti hanno ribadito che la proposta attuale di Uneba non è accettabile, sia dal punto di vista economico che per quanto riguarda i diritti lavorativi. Hanno evidenziato come, in altri comparti del settore socio-sanitario, siano stati raggiunti accordi contrattuali molto più significativi, sia sotto il profilo economico che normativo. In particolare, si sottolinea l’urgenza di ottenere un rinnovo che riconosca il valore professionale e umano dei lavoratori, garantendo loro condizioni lavorative dignitose e giuste.
La critica alle strutture Uneba accreditate
Una delle principali critiche mosse dalle organizzazioni sindacali riguarda il fatto che molte strutture Uneba operano in regime di accreditamento socio-sanitario, beneficiando quindi di fondi pubblici. Nonostante ciò, secondo i sindacati, queste strutture sfruttano tali risorse per fare business sulla salute e sul lavoro di professionisti che, al contrario, dovrebbero essere valorizzati con un rinnovo contrattuale rispettoso e dignitoso. Questo comportamento è stato definito “vergognoso” dalle segreterie regionali.
Lo sciopero e i presidi di oggi rappresentano un importante passo avanti nella battaglia per ottenere pari diritti e condizioni di lavoro adeguate, con la richiesta chiara e forte di “pari diritti per pari lavoro”.
Primi risultati dello sciopero
nella giornata di ieri, presso la sede di Uneba, si è tenuto il primo degli incontri che segue lo sciopero nazionale dello scorso 16 settembre. In apertura di confronto abbiamo ovviamente evidenziato come l’alta percentuale di adesione alla mobilitazione registrata in tutto il territorio, sia il chiaro sintomo di come le operatrici e gli operatori cui viene applicato il CCNL Uneba, non siano più disposti a lavorare per retribuzioni che se paragonate a quelle di molti altri colleghi del settore socio-sanitario- assistenziale-educativo, risultano essere nettamente inferiori. Le OO.SS. hanno quindi evidenziato, anche e soprattutto alla luce di quanto riportato nel comunicato diffuso dall’Associazione datoriale in data 13 settembre, all’indomani cioè dell’incontro avuto con i capi delegazione e a pochi giorni di distanza dallo sciopero del 16, che la cifra di 100 euro di aumento tabellare non può certamente essere ritenuta soddisfacente.
A fronte della posizione espressa in modo netto da FP CGIL, CISL FP,UIL Fpl, FISASCAT Cisl e UILTuCS, la controparte si è dunque detta disponibile ad un ulteriore sforzo, anche in termini economici, arrivando alla cifra di 120 euro, ponendo però sul tavolo la necessità di inserire all’interno del nuovo CCNL dei meccanismi di gradualità che possano in parte riprendere quanto già previsto nel CCNL Cooperative Sociali. Termine di paragone quest’ultimo, che per le OO.SS. rappresenta un punto di riferimento anche e soprattutto per le quantità economiche ottenute con il rinnovo dello scorso marzo. La delegazione di Uneba ha poi dichiarato la disponibilità alla revisione dei seguenti articoli: definizione delle causali contratti del tempo determinato, rivisitazione del TEP (Trattamento Economico Progressivo), istituto della maternità. Per parte nostra, nel prendere atto della condivisione di alcune proposte sindacali, abbiamo tuttavia ritenuto necessario avanzare una serie di precisazioni, in primis relativamente al TEP, di cui queste OO.SS. hanno chiesto l’eliminazione e non la rivisitazione. Abbiamo inoltre aggiunto la necessità di discutere ed approfondire ulteriori punti riportati in piattaforma. In relazione, poi, alla proposta di “gradualità” avanzata dalla controparte, ci siamo riservati di definire una posizione a valle di quella che sarà la discussione sulle quantità economiche da noi ritenute ancora insufficienti.
Al fine, tuttavia, di stringere il più possibile i tempi e giungere ad una convergenza di posizioni che porti al rinnovo di un contratto che lavoratrici e lavoratori attendono ormai da anni, è stato fissato il seguente calendario di appuntamenti: 21 ottobre; 7 novembre; 13 novembre; 25 novembre; 4 dicembre.
CCNL del Pubblico Impiego: Mancano le risorse adeguate!
Sta accadendo una cosa “curiosa” negli ultimi giorni. Una parte della stampa nazionale – a cui in verità non è mai interessato granché dei dipendenti pubblici – ha pubblicato una serie di articoli tesi a sostenere la firma, a breve, dei vari contratti collettivi nazionali del pubblico impiego 2022/2024, lasciando intendere che l’aumento sarà attorno ai 150/160 €.
Ma le cose stanno veramente così?
La risposta, come si può immaginare, è negativa. Proviamo a capire perché.
Il Governo nella Legge di bilancio ha stanziato una cifra pari all’aumento del 5,78%.
Prima considerazione. Ovviamente si tratta di una media. Ci sono tanti contratti, tanti comparti e tante professionalità: dai magistrati agli infermieri, dalle educatrici agli impiegati, dai militari all’estero, ai medici, dai vigili del fuoco alla polizia penitenziaria…
Quindi i 150 € previsti sono la classica media del pollo.
Seconda considerazione. L’inflazione nel periodo considerato è stata molto più alta, ha viaggiato ben oltre le due cifre perciò, quel 5,78% non si avvicina nemmeno a coprire quanto perso, come potere d’acquisto, dalle retribuzioni.
Ma continuiamo con altre considerazioni.
In quella cifra sono comprese anche l’indennità di vacanza contrattuale (ivc, quella piccola cifra che troviamo in busta paga da aprile 2022), nonché l’anticipo contrattuale, deciso unilateralmente dal Governo, che qualche amministrazione ha erogato lo scorso dicembre (causando anche un danno dal punto di vista fiscale e contributivo) ed altre stanno invece erogando mese per mese nel 2024.
E’ quindi facile capire come le risorse a disposizione siano poche.
Con quel poco bisognerebbe almeno completare la riqualificazione del personale, avviata con gli ultimi CCNL, rafforzare il sistema delle indennità, valorizzare professioni e peculiarità lavorative.
Quanto è rimasto da erogare? Poco, forse nulla.
A questo punto diamo anche uno sguardo alla direttiva del Governo sui rinnovi contrattuali, il cosiddetto atto di indirizzo.
La volontà che emerge è quella di togliere materie dalla contrattazione e aumentare il peso della valutazione.
Perciò, maggiore discrezionalità, meno trasparenza, meno coinvolgimento di lavoratrici e lavoratori nelle scelte, forte perdita del potere di acquisto.
Inoltre, rimane il tetto al fondo del salario accessorio (cioè alla loro produttività) quindi, le amministrazioni che vorrebbero investire risorse sui propri dipendenti, sul proprio capitale umano, non potranno farlo.
Per non parlare dell’assoluta assenza di un piano straordinario di assunzioni di cui la pubblica amministrazione ha assolutamente bisogno.
In sintesi? Oltre ad un rispetto maggiore di chi ancora crede nella pubblica amministrazione e vi lavora, servono ulteriori risorse.
Non ci sono? Beh, per una tassazione iniqua che favorisce alcune categorie ci sono. Per i condoni ci sono. Per la “rottamazione” delle cartelle fiscali ci sono. Per regalare concessioni balneari ci sono…
Noi i contratti li vogliamo firmare, sia chiaro! Ma contratti equi, dignitosi.
Non un’elemosina, né un ricatto.