Da un’intervista del Corriere di Romagna

Il segretario regionale della Fp Cgil Marco Bonaccini: «Vantaggi soltanto a breve termine, aumenterà la migrazione sanitaria e sarà difficile reggere»

«Anche un sistema attrattivo come il nostro verrà affondato sotto i colpi di una domanda che non potrà reggere»

«Mantenere il nostro livello di eccellenza come sanità regionale sarà sempre più difficile. Nessuno si illuda che dare maggiori risorse alle regioni considerate più ricche possa essere un vantaggio, forse lo sarà nel breve periodo, ma non nel lungo. Perché se una parte della nave va a fondo prima o dopo va a fondo tutta la nave».

A parlare sugli effetti dell’autonomia differenziata sulla sanità emiliano romagnola è Marco Bonaccini, segretario regionale della Fp Cgil Emilia Romagna, alle prese in questi giorni con l’analisi di una riforma di cui si percepisce il senso, ma molto meno i contorni.

«La verità è che stiamo parlando di un colossale punto interrogativo – spiega Bonaccini – La traduzione concreta di quanto approvato in parlamento resta un’incognita. Parliamo di una legge che in realtà non conosciamo, dove si parla di criteri, ma poco di sostanza e di risorse»

Bonaccini, pur con tutte le sue criticità ancora presenti (vedi liste d’attesa), la sanità emiliano romagnola resta un’eccellenza a livello nazionale, crede che l’autonomia differenziata possa intaccare i suoi livelli attuali?

«Mantenere quei livelli sarà sempre più difficile. Il primo effetto sarà però quello di una divaricazione territoriale sempre più marcata; con un sud sempre più in difficoltà a garantire una sanità all’altezza».

Un recente studio della fondazione Gimbe a riguardo parla di “frattura strutturale” tra nord e sud Italia «Quel gap già esistente tra regioni settentrionali e meridionali lo dovremo probabilmente moltiplicare per quattro o per cinque e solo allora capiremo a cosa andiamo incontro».

In che senso?

Dopo un primo apparente vantaggio per le regioni del nord, si incrementerà un fenomeno già esistente che è quello della migrazione sanitaria. Al momento, citando lo stesso studio della Fondazione Gimbe di cui mi parlava, in Emilia Romagna siamo al secondo posto in Italia (dopo la Lombardia) come accoglienza di pazienti che arrivano da altre regioni. Se per la nostra sanità dovessero aumentare i pazienti in maniera così esponenziale come potremo dare una risposta a tutti? Anche un sistema attrattivo come il nostro verrà affondato sotto i colpi di una domanda che non potrà reggere. Ecco perché ritengo che solo in apparenza questa ripartizione aiuti le regioni virtuose».

E per i lavoratori della sanità?

«Anche per loro ci saranno conseguenze di questo gap. Che in parte già vediamo in altri settori. Ci sarà una grande affluenza da altre regioni. Ma se da un lato l’Emilia Romagna sa accogliere lavorativamente, dall’altro ormai ha un costo della vita che rende difficile la loro permanenza. E quindi si creerà un problema di reperimento di personale. Ma mi lasci dire una cosa ulteriore»

Prego

«Parliamo molto di sanità, ma molto meno di socio sanità. Ed è proprio la tenuta del sistema socio sanitario che mi preoccupa di più. Un paziente può uscire da un ospedale con un intervento perfettamente riuscito, ma poi ha bisogno di assistenza. Andiamo incontro ad un invecchiamento della popolazione che nei prossimi 15 anni avrà il suo boom. Ma negli ultimi 25 anni le case dei Comuni, a cui questo sistema è affidato, sono state progressivamente prosciugate dai vari governi che si sono succeduti, anche di centro sinistra va detto, e ora devono fare i conti con tutto questo».

L’alternativa quale sarebbe? Un ritorno al centralismo statale?

«Sono assolutamente contrario a un ritorno al centralismo statale. L’alternativa è un’altra: riequilibrare queste dinamiche. Da un lato parlare di autonomia delle regioni, dall’altro si uccidono i Comuni. Qualcosa è evidente che non va.

Il nodo restano quindi le risorse

«E su questo è ovvio che non possiamo prescindere da una riforma fiscale che non attinga solo dal gettito fiscale sicuro di pensionati e dipendenti come avviene ora.»

Su queste colonne Vasco Errani invocava come argine politico all’Autonomia Differenziata la carta del referendum è d’accordo?

Sì lo sono. Le grandi riforme costituzionali sono state accompagnate nella storia della repubblica da un Referendum. Ed è bene ricordare che spesso ha dato esiti diversi da quelli che i governi si aspettavano.