Una riflessione (amara) di Ruggero Maria Manzotti, segretario generale FP CGIL Parma

Ha ragione l’assessora Bonetti (al comune di Parma NDR). Mancano gli educatori. E ne mancheranno sempre di più.

E sarebbe anche ora di cominciare a chiedersi le vere motivazioni che stanno alla base di questa grave situazione, che nel tempo, nel breve tempo, metterà in seria crisi tutti quei fondamentali servizi alla persona, come i servizi per adolescenti, per disabili, per minori, e tutti gli altri servizi destinati alle più differenti fragilità, che oggi, solo grazie a questi lavoratori e lavoratrici, reggono un sistema sempre più impoverito e sempre più precario.

In parole povere: gli educatori servono solo quando mancano.

Questa è la considerazione generale che esce in questa situazione. Diverso è invece per le famiglie, quelle famiglie che senza queste professionalità avrebbero una vita ben peggiore e ben più dura di quella che hanno già. Per loro, per queste famiglie, le educatrici e gli educatori sono fondamentali.

Questo fenomeno ha tante possibili spiegazioni ma vi sono alcuni elementi di base che inevitabilmente portano questi professionisti a fare diverse scelte nel corso della loro vita lavorativa.

La figura educativa non è ancora nè culturalmente nè istituzionalmente riconosciuta, raramente le viene riconosciuto il ruolo che effettivamente ha nel contesto delle politiche sociali delle nostre società. Non viene ancora riconosciuta come professionalità che porta la sua competenza e i suoi studi oltre alla sua infinita passione.

I salari sono tendenzialmente bassi e poveri, anche tenendo conto che la privatizzazione dei sistemi sociali ha creato differenze significative di applicazioni contrattuali, e quindi un dumping contrattuale legalizzato e sotto gli occhi di tutti. E se nella gestione pubblica diretta (in calo un po’ ovunque) si può avere almeno una omogeneità contrattuale, il sistema della gestione in appalto è una vera e propria giungla di contratti diversi, di trattamenti orari differenti, di periodi di non lavoro, e in generale di situazioni lavorative che diventano precariato strutturato.

La situazione negli appalti

Terzo aspetto: il sistema degli appalti e la gestione da parte del terzo settore di questi servizi è sì fondamentale nel nostro sistema integrato regionale, che vede la componente pubblica e quella privata lavorare insieme per assicurare un alto standard di qualità dei servizi, ma questo sistema nel tempo è stato drogato, portando a situazioni tutt’altro che positive sia per i tanti lavoratori che vi lavorano sia per i servizi stessi. In questo il mondo cooperativo ha le sue responsabilità. Parliamo di un mondo che oggi si chiede dove siano gli educatori ma che fa ancora poco per fidelizzare, strutturare, programmare miglioramenti contrattuali e salariali e soprattutto organizzativi per queste tipologie di lavoratori.

E considerato che le condizioni lavorative, contrattuali e organizzative sono definite dentro gli appalti scritti dagli enti pubblici, sarebbe interessante e importante che l’ente pubblico in primis si chieda cosa fare per migliorare tale situazione partendo appunto da appalti che siano consoni e che delimitino e definiscano subito il perimetro di azione e di organizzazione degli enti gestori, questo per rendere più omogenee e stabili le condizioni di lavoro di queste persone.

Tutte queste motivazioni hanno portato e stanno portando ad una vera e proprio fuga da questi servizi, perché gli educatori non sono esseri metafisici che scendono dal cielo ma sono lavoratrici e lavoratori, con le loro famiglie con le loro difficoltà e con i loro problemi, che hanno necessità come ognuno di noi di vivere una vita degna e di avere un lavoro riconosciuto e pagato.

Serve una discussione seria

Crediamo sia giunto il momento di iniziare una discussione e un confronto su queste problematiche che interessi la politica, le istituzioni, gli enti gestori, il mondo cooperativo, perché non c’è tempo da perdere: presto potremmo dover constatare il crollo di alcuni servizi per questa mancanza di personale che sta diventando prolungata e cronica.